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PD accusa Orietta Berti di razzismo: ‘Finché la barca va’ offende i migranti

PD accusa Orietta Berti di razzismo: 'Finché la barca va' offende i migranti - Lercio

FIANO (AV) – Ancora una volta Orietta Berti è nell’occhio del ciclone. Sotto accusa stavolta il testo della canzone ‘Finché la barca va’, celebre singolo del 1970 della cantante emiliana. A puntare il dito contro la Berti lo zoccolo duro del PD, in seguito alla segnalazione di un iscritto dei Giovani Democratici, il vivaio del partito, il quale avrebbe scoperto che tra le righe dell’apparente innocua canzone (cantata persino nelle scuole!), si nasconderebbe un vero e proprio inno contro l’immigrazione.

Il giovane attivista appassionato di musica Gian Mattia Piermattia, durante un DJ set alla festa dell’Unità di Reggio Emilia, si sarebbe soffermato su alcune frasi del pezzo in questione che in quel momento stava mixando.

Le frasi del brano incriminate: ‘Il grillo disse un giorno alla formica: “il pane per l’inverno tu ce l’hai, perché protesti sempre per il vino aspetta la vendemmia e ce l’avrai”‘. “Il disegno di Orietta Berti era chiaro – denuncia Piermattia – sin dal 1970, spianare la strada al Movimento 5 Stelle, profetizzando persino il suo leader con un chiaro invito a non protestare a caso al bar ma di venire a farlo, sempre a caso, ma in un movimento politico”.

‘Fin che la barca va, lasciala andare, fin che la barca va, tu non remare’. “Anche in questo passaggio – continua il giovane democratico – si nota tra le righe il disprezzo verso le vite dei migranti, che vengono invitati a a finire alla deriva suggerendo un comportamento nautico sconsiderato e potenzialmente mortale”.

“Mi sembra di sentire mio fratello che aveva un grattacielo nel Perù, voleva arrivare fino in cielo e il grattacielo adesso non l’ha più”. Anche questo verso riserverebbe delle sorprese. “Qui – spiega Piermattia – La cantante aveva anche predetto la vittoria di Trump, con un palese riferimento alla Trump Tower, e nel verso ‘E tu che vivi sempre sotto il sole, all’ombra di ginestre e di lillà, al tuo paese c’è chi ti vuol bene perché sogni le donne di città’ parla chiaramente di africani, ginestre e lillà sarebbe stata inserite per esigenze di testo, nella stesura del testo originale comparivano le parole ‘Datteri’ e ‘Baobab’. E la Berti pretende dai migranti il rispetto delle tradizioni verso chi li ospita e non che vengano qui e fanno quel che cazzo gli pare”.

E la disamina del giovane piddino continua impietosa: “‘Mi sembra di vedere mia sorella che aveva un fidanzato di Cantù, voleva averne uno anche in Cina e il fidanzato adesso non l’ha più!’ sconsiglia chiaramente l’immigrazione. Insomma – conclude Piermattia – è un ‘Aiutiamoli a casa loro’ allo stato embrionale, il messaggio è chiaro, difendiamo la razza bianca, indicando come colpevole il fenomeno della fuga di cervelli”.

Se queste rivelazioni venissero confermate dagli autori, si tratterebbe di una cantonata musicale presa dagli italiani di proporzioni paragonabili solo a quella di “Gelato al cioccolato” (che in realtà racconta di una fellatio di Malgioglio durante una vacanza in Nord Africa). Il dj piddino avrebbe inoltre condotto alcune ricerche sulla vita segreta della bucolica cantante scoprendo che la Berti avrebbe svolto un ruolo eversivo fondamentale a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 infiltrandosi alle feste dell’Unità con l’unico compito di scippare sll’allora P.C.I. tutte le battaglie politiche principali per poi passarle alla Casaleggio & Associati. Fenomeno che stranamente sembra essersi verificato.

Vittorio Lattanzi

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