Lampedusa – “Non ho nulla contro queste creature venute dal mare, sono socievoli, piene di ritmo e persino pulite, a modo loro. Se prese da piccole, si può insegnare loro a fare i bisogni in bagno, quasi come noi esseri umani. Ma il nostro primo impegno e dovere morale è quello di farle vivere nel loro habitat naturale, preservando quel delicato ecosistema fatto di miseria e violenza, di governi fantoccio che consentono all’Occidente il saccheggio delle materie prime, di spazzatura tossica e armi automatiche che inviamo ogni giorno per far giocare i piccoli tra un turno in miniera e l’altro”.
Sono queste le parole pronunciate in diretta su Facebook dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, a commento di un selfie che lo ritrae mentre accarezza un cucciolo di migrante africano; inaugurando così una nuova strategia comunicativa atta a stroncare sul nascere le polemiche scoppiate intorno alla chiusura dei porti italiani alle oltre 629 persone della nave Aquarius.
Il leader leghista si trovava in visita allo Zoo di Lampedusa (così ribattezzato dallo stesso ministro, che giudica offensiva la parola ‘Cie’, NdR) quando ha notato un cucciolo di somalo molto timido giocare con una palla di stracci. Salvini ha prima tentato di richiamare la sua attenzione con un fischietto per cani, poi gli si è avvicinato per poter fare la foto. Ottenuto il prezioso scatto, il vicepremier ha calciato fortissimo la palla verso il molo accanto allo zoo, facendola inabissare a 10 metri di profondità. “Ecco, questi sono per te se vai a riprenderla”, ha detto poi alla bestiola mentre le riempiva le tasche di sassi.
Salvini ha quindi postato su Twitter la foto con la didascalia “Non sono un mostro, voglio bene a tutti gli animali pucciosi” ed ha aperto una diretta su Facebook dalla quale ha raccontato – con il suo giocondo volto in primo piano – la serena giornata di svago e il ‘puccioso’ incontro, mentre sullo sfondo un gorgoglio sulla superficie del mare annunciava la gioia del cucciolo somalo per aver ritrovato la palla sul fondo del Mediterraneo.
Gianni Zoccheddu