ROMA – “Noi ‘ste cose nun le avemo mai capite, cioè ma ve rendete conto che questi volevano che li dovevamo votà? Cioè…arzasse la mattina, mattina po’, arzasse quando ce ne teneva di arzacce, vestirsi, annà a piglià la metro, se passa, annà a fa un picchetto contro qualche casa assegnata giustamente a delle famiglie rom, ma che noi attacchiamo perché difendemo gli italiani mica perché siamo dei razzisti demmerda. E poi, dopo aver fatto tutto questo, dovemo poi annà ar seggio a votà? Ma che state popo fori! La vera democrazia è organizzare marce su Roma, così si crea er consenso e si prende il potere, senza ‘ste inutili cose delle elezioni. Ma a che cazzo servono?”, è questo il commento sgrammaticato ma ricco di significato di Benito Primitivo, illustre pensatore e membro di CasaPound, sul risultato del suo partito alle Europee del 2019.
“Che poi lo sapete che ce sta de sbagliato in sto fatto delle elezioni?”, continua a spiegare Primitivo della sezione di Via Jacopo Della Quercia (il luogo è stato scelto perché richiamasse l’enorme italica verga di ogni tesserato),“è che ce sta la possibbilità de sceglie chi vuoi votà! Ma te rendi conto? È na stronzata! Cioè io vado nel seggio e posso sceglie se dà il voto o no a CasaPound, aò ma che stai a scherzà? Scheda unica partito unico. Nun esiste la scelta. Cioè sì, una scelta c’è: puoi votare a noi o puoi pigliare una corcata de mazzate. Vedi te de fa la scelta giusta!”
A chi si chiede come mai un partito politico che ha causato enormi problemi di sicurezza in campagna elettorale si sia poi ritrovato a dover mendicare un misero 0,33 per cento, risponde Gianfranco Fini –solo omonimo del più celebre maggiordomo di Arcore-, membro di CasaPound fin dalla culla: “Io penso che, e mi scusino gli attivisti se ho un pensiero personale, il risultato di queste elezioni sia da assoggettare a un semplice problema derivato da una campagna che non ha dato i frutti che avevamo seminato. Mi spiego meglio: trenta attivisti dovevano fare un comizio a Genova, ok? Ecco: hanno dovuto chiamare quanti… duecento poliziotti? Ecco. Il problema è che a quegli stronzi degli antifascisti gli avemo fatto dà troppe poche mazzate, diobono. Troppe poche. Perché se tu meni un giornalista di quel giornale comunista di Repubblica e gli meni bene bene, quello lì non c’ha la forza di andare a votare, invece se gli meni soft, gli spacchi due dita, qualche costoletta, quello poi si arza la domenica e ci va. E così con tutti quegli antifascisti del cazzo: menare bene, menare meglio. E se vanno a votare solo ottantottomila persone in tutta Italia noi prendiamo il cento per cento. E vedi come cambia tutta la percezione del risultato”.
Una teoria che potrebbe essere suffragata dai risultati ma che, come spiega Primitivo: “E’ irrealizzabile. Aò, pure annà a menà tutta la gente in giro per l’Italia è na bella faticata. C’avemo le cose nostre da fa: prima meniamo ai neri, poi ai froci, poi agli stranieri, poi magari facciamo dei picchetti contro na madre rom dicendole delicatamente che se prova solo a respirare può capitare che la stupriamo, ma non siamo sessisti o dei criminali, non sia mai. Poi dopo aver menato tutta ‘sta gente può succedere persino che, certe volte, ce menamo tra di noi perché non sapemo che cazzo fa. È pur sempre il nostro programma politico migliore”.
La soluzione, per le prossime elezioni, è quindi per ora difficile da trovare. Ma conclude Fini: “Credo che però molti dei nostri attivisti abbiano visto in Matteo Salvini una specie di capo politico rassicurante, secondo la nostra idea di leader. E’ uno che ama la repressione, odia il pensiero libero, ha iniziato come comunista e poi ha capito che la strada giusta era un’altra, è un nazionalista a cazzi suoi, è un vero stallone italico (quel servizio mezzo nudo su Oggi lo conservo in un quadretto appeso al muro), fa finta di essere super-religioso e non ha problemi a far attuare tutte le più grandi bassezze politiche per arrivare ad un risultato. Beh, in effetti…se si togliesse quei quattro capelli che ha in testa non sarebbe poi così male…”
Davide Paolino