Altolà (Mo) – “Lo sapevo che non avrei dovuto scaricarla, dannato governo, dannati matusa, dannati poteri forti, Soros, Bill Gates e tutti quelli che ci controllano! Ora il mio matrimonio potrebbe finire solo perché ho scaricato quella dannata app!“, è decisamente sconvolto Manlio Cavaldonati, quarantadueenne residente ad Altolà, in provincia di Modena che ieri, tornando dal lavoro, ha ricevuto una notifica sul suo cellulare. Sulle prime, il Cavaldonati, aveva pensato ad un match su Tinder, app che ha installato dal 2012 “per uno scherzo” e che non è mai riuscita a procurargli un misero appuntamento, diversamente da Grindr dove il Cavaldonati andava forte ma che ha poi deciso di disinstallare per non mettere in dubbio la sua italica virilità da maschio purosangue.
“Era l’app Immuni“, spiega Cavaldonati, “che mi annunciava che il giorno precedente ero entrato in contatto con una persona positiva. E, tutto d’un tratto, il coronavirus è stato l’ultimo dei miei problemi“. Sì, perché all’istante la moglie Immacolata si è subito insospettita, dato che il marito le aveva detto che il giorno prima era impegnato in una seduta di pesca solitaria di spalle. Pratica che, in questi tempi di distanziamento sociale, è permessa ai pescatori esperti solo se provvisti di regolare prenotazione di tutto il bacino di pesca. Infatti il signor Cavaldonati aveva prenotato tutto il Mar Adriatico per l’intera giornata, comprese le coste appartenenti alla Croazia.
Improvvisamente un matrimonio di venticinque anni costruito con fatica su nomi buffi è crollato in un solo istante. A nulla sono valsi in tentativi del Cavaldonati di inventare nel mentre una scusa plausibile: “C’era una trota infetta“, “Gli immigrati ora sbarcano nell’Adriatico“, “C’era un milanese nel mare vicino“, “Ho mangiato un pipistrello come spuntino“, purtroppo la situazione è presto degenerata arrivando persino ad una richiesta di divorzio da parte della signora Immacolata.
Per fortuna, l’intervento del maresciallo Francesco Ricciardi del nucleo investigativo di Altolà ha riportato la pace all’interno della coppia. Purtroppo, però, per pochissimo dato che un’improvvisa notifica, stavolta di un’app di geolocalizzazione, ha presto svelato che il signor Manlio era andato a casa del maresciallo dei carabinieri giusto il giorno prima, proprio nella sua abitazione, guarda caso nelle ore in cui il tutore dell’ordine era a lavoro.
“Ho provato la tattica degli opossum di fronte al pericolo: mi sono finto morto“, ci spiega il Cavaldonati dalla sua stanza d’ospedale dopo essere stato percosso ben bene da moglie e tutore della legge, “ma non ha funzionato. Questa è l’ultima volta che mi scarico un’applicazione così pericolosa. Preferisco dare tutti i miei dati a Facebook, almeno sono sicuro che Mark Zuckerberg ne saprà fare buon uso, mica come questi del governo!”
Riccardo Bertoldi & Davide Paolino