Russia (Fin troppo Unita) – Nell’ora di un caldo ma umido tramonto primaverile apparvero presso gli stagni Patriaŝie due cittadini. Il primo – sulla sessattantina, con un completo grigio estivo – era di bassa statura, con pochi capelli chiari, ben nutrito; teneva in mano una dignitosa valigetta con codici nucleari, e il suo volto, rasato con cura, era adorno di un paio di occhiali smisurati con una montatura nera di corno, come a dover celare la sua vera identità. Per qualche strano motivo, profumava di margherite appena raccolte.
Il secondo – un giovanotto napoletano dalle spalle larghe, coi capelli biondicci agghindati verso destra e giubotto da motoclista – indossava una camicia azzurra, pantaloni bianchi spiegazzati e un paio di mocassini neri.
Il primo altri non era che Vladimir Putin, Presidente della Federazione Russa e attuale artefice dell’invasione dell’Ucraina; il suo giovane accompagnatore era il giornalista e saggista Alessandro Orsini, giornalista per Il Fatto Quotidiano.
Il dialogo tra il politico e il suo intellettuale di riferimento è proseguito fino a tarda sera, ci rivelano le nostre fonti. Più volte si è visto Putin tentennare, sbattere i piedi per terra in quello che pareva essere il diniego della realtà, e più volte si è visto Orsini interrompere il dittatore dicendo “Mi lasci parlare, se lei avesse studiato la situazione come ho fatto io… “ unendo i pollici di ogni mano con gli indici della stessa mano.
Qualche ora più tardi, mentre Putin stava rincasando verso il suo bunker celato nel sottosuolo, un passante lungo la Prospettiva Nevski l’ha sentito mormorare tra sé e sé: “Io sono mesi che voglio gettare la spugna, abbandonare l’Ucraina, lasciar perdere la guerra, ma Orsini mi sembra uno preparato, sarei un idiota a non fidarmi di lui. Dice che sono sul punto di vincerla, le sue analisi sono sempre così precise, e puntuali, e ficcanti… Perché non dare altro credito a questo maestro?”
E poi ha proseguito: “Certo, il modo in cui analizza i dati è volutamente limitato, il modo in cui mi incalza è basato su una retorica spiccia, il modo in cui si finge super partes adulandomi invece è così smaccatamente eccessivo da provocarmi imbarazzo, ma non riesco a non fidarmi di questo intellettuale…”
Poco più dietro di lui è stato visto Orsini, intento a origliare a sua volta i pensieri del Presidente. Che, raccolto il coraggio a due mani, ha urlato “Volodia, vieni qui, stupido di un idiota!”. In quel momento i due si sono corsi incontro e, dopo uno sguardo tanto imbarazzato quanto complice, si sono baciati sulla bocca. Secondo una buona usanza dei bei tempi sovietici andati.
Chiusi in quell’abbraccio di un’epoca fa, le loro essenze si fusero in un unica aura, così che risultava difficile distinguere, infine, chi tra i due fosse il maestro e chi invece, sapesse di margherita.
Andrea H. Sesta