Tel Aviv – “Da quasi un anno sto letteralmente eliminando dal pianeta migliaia di futuri terroristi, per garantire un futuro di pace per Israele e per il mondo intero. Cos’altro devo fare per avere quel fottuto premio?”. Non riesce a nascondere la delusione, il leader israeliano Benjamin Netanjahu, stavolta era davvero sicuro di avercela fatta. E per rafforzare questa sicurezza, ieri, alla vigilia dell’assegnazione del Nobel, aveva compiuto un’azione altamente simbolica: “Ho dato l’ordine di attaccare una base Unifil, una base piena di soldati. SOLDATI, capito? Gente che fa la guerra! L’ho fatto proprio per lanciare un segnale al comitato di Oslo. Ma è stato inutile”.
Per comprendere meglio l’ossessione di Netanjahu per il Premio Nobel bisogna fare un passo indietro di un anno: “Molti pensano che l’operazione che sto conducendo a Gaza e in Libano nasca dai fatti del 7 ottobre 2023. Sbagliato! Nasce dai fatti del 6 ottobre 2023, cioè il giorno in cui il comitato norvegese ha scandalosamente assegnato il Nobel a Narges Mohammadi! Insomma dai, parliamo di una tizia che sta in carcere!”.
Da lì la decisione di fare qualcosa di definitivo per ottenere l’ambito riconoscimento nel 2024: “Ho pensato che se mi fossi impegnato per un intero anno a eliminare dalla circolazione migliaia di futuri terroristi avrei convinto il comitato a darmi quel premio. Invece no, hanno preferito assegnarlo a Nihon Hidankyo, cioè giapponesi. Come Yoko Ono, una che ha portato la guerra dentro i Beatles. Il mondo al contrario, proprio…”
Eddie Settembrini
(Quest’articolo è stato scritto anche grazie al contributo di Arnaldo di Latebiosa)