Bibilandia – Dopo il mandato di arresto della Corte Penale Internazionale, spiccato nei confronti del premier israeliano Benyamin Netanyahu, del suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant (cacciato da Bibi per probabili divergenze sul giusto equilibrio tra la necessità di ammazzare tutti gli abitanti di Gaza e quella di non spendere troppo) e del capo militare di Hamas, Mohammed Deif, sono partite le contromisure dei tre per sabotare gli ordini di arresto.
Netanyahu e Gallant hanno puntato il dito contro il presunto antisemitismo della CPI (“Quindi adesso una persona non può più massacrare civili, ridurre un popolo alla fame e impedire l’assistenza sanitaria solo perché quella persona è ebrea? Siamo davvero arrivati a questo punto?!”) e presentato ricorso contro il mandato di arresto.
Molto più sottile, invece, la strategia adottata da Mohammed Deif, che per sfuggire alle grinfie della CPI si è fatto ammazzare dall’esercito israeliano. E, prima di lui, avevano adottato lo stesso stratagemma anche Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar: “Fanno sempre così! – ha tuonato Bibi in conferenza stampa – non c’è modo di arrestarli, anche noi ci abbiamo provato in tutti i modi. Ma niente, crepano come mosche, uno dopo l’altro. Noi vorremmo anche provare a trattare un cessate il fuoco. Ma come si fa a fare una trattativa con un capo nemico che prima di sedersi al tavolo è già saltato in aria?”
Nel frattempo, Hamas è alla ricerca di un nuovo capo militare: questa volta, per evitare che anche nei suoi confronti possa essere emanato un nuovo mandato di arresto, sarà selezionato direttamente tra uno degli oltre 40mila morti.
Francesco Conte