Vaticano – Ancora l’ombra di un corvo sulla sponda sinistra del Tevere. La vicenda, risalente allo scorso mercoledì, ha creato un discreto imbarazzo nella Santa Sede e si è conclusa con l’arresto e il successivo licenziamento di Suor Liana, persona molto vicino al Cardinal Bertone e sua storica perpetua.
L’84enne (all’anagrafe Frate Liana) è ormai rinchiusa da 5 giorni nelle segrete vaticane con la pesante accusa di alto tradimento – con l’aggravante di aver violato l’11°esimo comandamento – per avere spifferato tutti i dettagli di una conversazione privata tra il Cardinal Bertone e il Pontefice a un giornalista dell’Espresso, fintosi San Girolamo da Stridone per ottenere le confidenze della perpetua, mentre stava facendo un servizio sul preoccupante problema del sovraffollamento delle carceri vaticane.
Suor Liana era entrata come ogni mattina nell’appartamento privato di Bertone per le pulizie, quando il suo apparecchio Amplifon aveva captato un rumore sommesso arrivare dalla camera da letto del cardinale e incuriosita si era intrufolata nella stanza. Bertone era in preda a un pianto singhiozzante e al telefono si rivolgeva ossessivamente a Papa Bergoglio: “Sono buono, io sono buono, perché devo fare sempre io il cattivo? M’attocca sempre a me a chiamà Alfano, non me fate chiamà Alfano, ve prego, io sono buono. Adinolfi poi, manco curato è, pensa se fosse stato prete quanno rompeva li cojoni! Santo l’avrebbero fatto! Lui è quello cattivo e io quello buono!”. Poi era scoppiato nuovamente in lacrime e aveva concluso con un ultimo accorato appello alla cornetta: “Francè ma una volta, lo posso fare io quello buono? Posso andare a vivere in un monolocale, per favore?”
Il giornalista, oltre a riportare un dettagliato resoconto della conversazione, sottolinea nell’inchiesta quanto sia stato importante per la salute psicofisica di suor Liana liberarsi di quel peso e di quanto le perpetue soffrano di solitudine in quegli sterminati appartamenti, pur vivendo con altre 7 suore che si incontrano di rado e si conoscono a malapena.
Suor Liana e Vittorio Lattanzi