Napoli – Ieri mattina all’alba è scattato il blitz della Guardia di Finanza, che ha rinvenuto in un magazzino alla periferia del capoluogo campano centinaia di lavori rubati agli italiani. Si tratta soprattutto di lavori manuali, molti dei quali abbandonati da tempo. Però, vista la crisi degli ultimi anni, molti nostri connazionali erano tornati a rivendicarne la proprietà.
Il magazzino era gestito da un gruppo di immigrati che li rivendeva ad altri extra-comunitari. “Principalmente” – ci dice il Capitano delle Fiamme Gialle, Franco Drebin, – “erano lavori per i quali non è necessario l’uso della lingua italiana, quindi facile merce di scambio tra persone di nazionalità diverse”. (Compresi molti italiani – N.d.r.)
Tra la refurtiva sono stati rinvenuti dei lavori quasi dimenticati, come leccare francobolli, pulire l’argenteria buona, riportare continuamente un macigno in cima alla montagna, succhiare benzina con un tubo di gomma, trasportare cartoni in giro per la città, fissare un nastro-trasportatore vuoto. Insomma tutte mansioni molto semplici, che qualsiasi italiano non ricordava nemmeno che esistessero ancora.
In effetti le caratteristiche dei lavori rinvenuti erano comuni a ciascuno di essi: mansioni semplici e spiegabili solamente con dei gesti, nessuna particolare competenza quindi da parte di chi li acquistava. La maggior parte di queste occupazioni veniva rivenduta ai profughi approdati in Italia con i barconi, che riuscivano a svolgerle egregiamente anche mentre erano ancora privi di sensi.
In verità, la notizia non avrebbe suscitato alcuno scalpore, se non fosse per il particolare momento in cui versano quasi tutti i nostri connazionali: quello in cui è prioritario mettersi alla ricerca di un Pokémon, invece di conquistare una qualsiasi competenza lavorativa che possa renderli insostituibili.
Sergio Marinelli