Napule (È) – Per anni Concetta Esposito, tranquilla impiegata di mezza età, aveva vissuto una doppia vita, mantenendo accuratamente nascosti vizi e perversioni impensabili per qualsiasi napoletano: fingeva di essere a dieta per evitare sfogliatelle, pastiere e mostaccioli, ai quali preferiva Schwarzwald e bavaresi, nascondeva la predilezione per la pizza bianca dietro una vaga intolleranza al pomodoro, nun ce piaceva ‘o presepe, soffriva silenziosamente durante gli infiniti pranzi nuziali, si sforzava di piangere quando in TV passava Un posto al sole.
Era veramente dura ritrovarsi coi parenti di Cardito e Casavatore, coinvolta in interminabili discussioni su raù azzeccuso, paccheri, vino così scuro e forte da essere indistinguibile dell’inchiostro, il tutto condito da rumorose lodi allo spirito partenopeo, ‘o mare, ‘o sole e ‘a voce re criature, quando tutto ciò che la povera Cuncettella avrebbe voluto era starsene in calzini corti e sandali a bere birra nel silenzio di un bosco in montagna. Ancor più duro nascondere che i video infarciti di stereotipi su Nord e Sud e i nuovi comici napoletani la annoiavano a morte, e già c’era chi la guardava con un certo sospetto quando deviava per attraversare sulle strisce pedonali o faceva la raccolta differenziata.
Poi era arrivato il temporaneo trasferimento alla sede di Udine dell’azienda, e Concetta aveva tirato un sospiro di sollievo. Dopo qualche giro in osteria, tra muset, frico e tajut di neri, i video che presentavano i meridionali come un branco di bulimici festaioli e i settentrionali come fanatici del lavoro in grado di tirare avanti per giorni con un gambo di sedano e mezzo bicchiere di acqua naturale le strappavano sorrisetti ironici. Tra cassieri che davano il resto preciso al centesimo e feste di nozze che duravano meno di un’era geologica, Concetta pensava di potersi rilassare. E proprio questa idea le è costata cara.
Una cena con le colleghe, il caffè, ed il gesto che per tanti anni aveva compiuto nella solitudine della sua casa: versare quel dito di espresso amaro in un bicchierone di acqua fredda. Un gesto che sarebbe passato pressoché inosservato, se fra le colleghe non ci fosse stata Carmela Surace, partenopea DOC e fiera paladina della napoletanità, che dopo un lieve malore – fra i charms del suo braccialetto, accanto a un piccolo mandolino e un Pulcinella, c’è una caffettiera napoletana – ha immediatamente segnalato il sacrilegio alle autorità campane.
Queste hanno prontamente avviato le procedure per la revoca della cittadinanza dishonoris causa, e nell’arco di pochi giorni alla Esposito è arrivata la comunicazione ufficiale della disonorificenza, un laconico “Nun t’ fa’ v’ré cchiú”. Il trasferimento temporaneo è diventato definitivo, il padrone di casa le ha spedito i suoi effetti personali ed ha cambiato la serratura, e i parenti, che non vogliono avere più nulla a che fare con la congiunta degenere, hanno iniziato una battaglia legale perché le vengano cambiati nome e identità. “Nun s’ ‘o mmerita ‘e s’ chiamma’ Esposito, e manc’ Cuncetta comm’ a nonna! Vincimm’ nuje, abbasta ca ce ricimm’ e ggiurece c’ a cchella traditrice ce piace ‘o ttè!”
Rosaria Libera Greco