Mosca – È un Vladimir Putin durissimo quello impegnato nel discorso alla nazione trasmesso ieri da tutti i mass media russi, dopo la strage di San Pietroburgo. Il ‘presidente più democratico del mondo’ (come amano chiamarlo i più fedeli tra i suoi tagliagole) si è rivolto al suo popolo promettendo il pugno di ferro contro i terroristi autori delle strage, gli estremismi di ogni provenienza e qualsiasi forma di violenza non autorizzata, favorita, ordinata o direttamente perpetrata dallo stesso Putin.
Le parole del capo del Cremlino sono inequivocabilmente una dichiarazione di guerra: “Staneremo chiunque sia coinvolto in questo atto vile e disumano e lo tratteremo come si trattano i giornalisti scomodi e i dissidenti politici. Sradicheremo l’estremismo in Russia come abbiamo fatto con la libertà di stampa”.
Chiunque conosca la recente e luminosa storia russa sa quanto sia determinato l’uomo che da 18 anni difende la democrazia come se fossa roba sua. Putin è stato collegato più o meno direttamente alla morte di un centinaio di giornalisti, ma negli ultimi anni gli omicidi sono scesi a poche unita. Segno che i cronisti hanno finalmente smesso di fare domande inopportune. Putin porta questo come esempio di una battaglia di civiltà vinta e di monito per i terroristi: “Come quando siamo riusciti a sconfiggere il dissenso che minacciava la nostra stabilità, useremo ogni strumento consentito dalla legge e dalla Costituzione per pisciare sui cadaveri squartati dei nostri nemici”.
Putin, che subito dopo l’attentato alla metropolitana aveva ricevuto la solidarietà dei capi di stato di tutto il mondo, compresi i suoi amici Trump, Erdogan e Assad (che sempre ieri, in un gesto di grande generosità, ha donato agli abitanti delle città colpite dai bombardamenti in Siria ingenti quantità di gas sfuso per le diverse necessità: dalla cottura dei cadaveri in caso di cannibalismo da fame, al semplice suicidio), non ha voluto comunque sottrarsi alle sue responsabilità politiche nei confronti delle falle nella sicurezza, con un mea culpa sincero e umile: “È tutta colpa di Medvedev”.
Gianni Zoccheddu