ARBA MINCH (Etiopia) – “Non è colpa mia, ho iniziato con una semplice foto e poi il Dibba che è in me è venuto fuori: sentivo il bisogno di fare selfie con i bambini, di appoggiare la mia testa alla loro. Ma sono diverso: io ci tengo veramente a queste persone, non leggo il blog di Grillo, so che loro sono il nostro futuro, non chiudiamo le frontiere, vogliamoci tutti bene, amiamo anche le categorie più cattive tipo gli interisti, non siamo fatti per odiare ma solo per amare”, sono queste le parole di Gianni Addis, quarantenne sardo/romano sbarcato qualche settimana fa in Etiopia per partecipare alla “Run for Life”, una corsa che spinge tutti gli europei del mondo a correre inutilmente perché tanto vinceranno sempre e solo i runners locali.
“Ci ha fregati tutti, lo ha fatto veramente molto molto bene: ha fatto finta di avere un padre fascista, di pensare alle popolazioni bisognose, di odiare i soldi di Berlusconi scrivendo allo stesso tempo un libro per Mondadori; insegnava ai ragazzi a mettere da parte i soldi per poter comprare dei libri su BeppeGrillo.it. Ci ha completamente confusi, ma ha fatto un grosso errore e lo abbiamo scoperto”, a parlare è Fabrizio Bellosguardo, collaboratore AMREF che si ritrovava in Etiopia per seguire da vicino alcuni progetti dell’organizzazione non governativa più famosa a casa Covatta.
“Si era unito a noi parlandoci del bene che una pianta di semi può fare a un popolo che è stato martoriato da tre anni e mezzo di governo Renzi, e ci siamo cascati”, afferma Bellosguardo, “La situazione è poi degenerata quando, ad ogni pausa pranzo, non perdeva occasione per costringere poveri bambini a farsi selfie con lui in cambio di un bicchiere di pura “Acqua Honestà”, che portava con sé come segnale di un cambiamento mondiale che, a mio parere, ancora non si è visto”.
Intanto il sospetto dei collaboratori AMREF aumentava: “Alla notizia delle cooperante rapita è stato mosso da commozione sincera, si vedeva proprio che ci stava realmente male, non era una finta come quelle a cui ci ha abituato Di Battista dal primo istante in cui si è buttato in politica. E poi, indagando meglio, nella sua valigia ho trovato delle maglie pro ius soli. Una cosa incredibile, il vero Di Battista si fa i selfie con i ragazzi di colore ma col cazzo che gli vuole dare la cittadinanza, gli servono solo per aumentare i follower su instagram, e quindi siamo stati costretti a chiamare la polizia locale, era pur sempre uno che si spacciava per un’altra persona. Che poi, in effetti, a Di Battista non ce somiglia pe niente!”.
Il ragazzo, per eventuali controlli, è stato portato al centro di detenzione per i buonisti del cazzo, mentre dall’Italia, la sua famiglia lo disconosce: “St’idiota ci ha sempre fatto vergognare: bisogna farsi le foto prima con i poveri italiani e poi, se avanza spazio in memoria, eventualmente con quelli africani. Che tanto si sa che vengono qui per rubarci i nostri giga, sia di internet che del telefono. Il nostro Capitano ce lo ha detto e noi seguiamo tutto quello che lui ci dice: viva il capitano, viva Di Maio quando è nostro succube, abbasso il compagno Gattuso!”
Davide Paolino – Con un ringraziamento particolare a Vittorio Lattanzi, Gianni Zoccheddu e a tutto il gruppo di AMREF