ARCORE (Gemellata con Corinaldo): – Berlusconi: “Vi ho invitati nel mio shcopatoio, ehm nella mia umile dimora perché volevo shentirvi dire di pershona che shiamo tutti d’accordo che la Ronsulli debba essere ministro della Cultura“
– Salvini: “Io voglio il Viminale!“.
– Meloni: “Calma, muchachos. Tenemos que hablar de muchas cosas“.
– Berlusconi e Salvini: “Eh?“
– Meloni: “Ao’, scusate. Credevo d’esse ancora in collegamento con quei quattro esaltati de Vox!“
Nonostante l’apparenza in pubblico, la tensione che permea la coalizione di centrodestra nella formazione del nuovo governo è palpabile – “A proposito, sapeste quante ne ho palpate su questo divano. Eh, eh, eh!” (Nota di Silvio) – perché nessuno dei tre leader intende recedere anche solo di un singolo passo sui nomi da inserire nell’Esecutivo.
È Giorgia Meloni la più infuriata per le difficoltà incorse nelle trattative: “So’ du’ mesi che provo er discorso per l’incoronazione, le mossette, le intonazioni, il volume e mo’ stamo ancora qua a discute! Ho pure fatto abbassa’ la ringhiera der balcone pe’ appari’ più alta e autorevole. Mi madre a momenti cascava de sotto pe’ minaccia’ un vicino che pija er reddito de cittadinanza. E io che credevo che bastasse urla’ pe’ ave’ ragione, mo’ me ritrovo senza voce che paro Romina Power!“
C’è da dire che la presidente di Fratelli d’Italia, vincitrice del voto del 25 settembre, ha il delicato compito di decifrare i complicati sofismi dei suoi alleati e le loro sottili richieste, a partire da Berlusconi: “Se non volete la Ronsulli alla Cultura, allora mi va bene anche all’Ishtrusione“. Ma anche Salvini si rivela particolarmente sibillino da interpretare: “Io voglio il Viminale!“
“Cocchi miei, famo a capisse. Ho mantenuto un basso profilo per avere un alto profilo, – Lì lo sguardo di Salvini si è fatto più acuto del solito, come potete vedere nella foto in fondo all’articolo. NdR – mo’ nun me potete rompe li cojoni co’ ‘ste fisse, che già nun ce sto a capi’ un cazzo io da sola, essù! Allora, io direi Tajani agli Esteri, te va bene Tajani in giro pe’ er monno, Silviè?“
“Se non volete la Ronsulli all’Ishtrusione, allora mi va bene anche alla Shanità“.
“See, ciao core. Allora, mettemo Ignazio ar Senato e l’amico tuo Giorgetti alla Camera. Bona, Mattè?“
“Io voglio il Viminale!“
“Ao’, nun te te lo posso da’ er Viminale! Nun me frega ‘n cazzo de quello che twitta Porro! Co’ ‘sti migranti hai fatto solo un gran macello, tu e i tuoi Decreti Sicurezza che li hanno abbandonati a vaga’ ‘n giro pe’ l’italia perché nelle strutture nun ce li volevi più lascia’!“.
“Allora sono pronto a fare un passo di lato“.
“Ecco, bravo, dar mojito passa ar meneito“.
“A me piace di più la zumba perché si zomba!”.
“Va bene, Silvio. Mo’ arriva Marta tua e te riporta a letto, eh? Regà, io direi che ce semo. Mancano ancora giusto Economia, Giustizia, Rapporti cor Parlamento, Istruzione che lì se divertimo, Turismo, Infrastrutture, Pubblica Amministrazione, Transizione Ecologica, ah no, de quello nun ce frega ‘n cazzo, Sport, Pari opportunità, Affari Europei, Autonomie, Lavoro, Difesa, Università e Ricerca, Sud, Disabilità e poi er governo è fatto. Tu che ne dici, Guì?“, chiede Giorgia Meloni rivolgendosi a Crosetto, seduto in un angolo del salotto a digitare compulsivamente sul suo smartphone. “Ao’, ma nun stacchi mai da ‘sto coso? Che c’hai sempre da twitta’? Sempre a cerca’ de posta’ la frase che faccia parla’ li social cinque minuti de te!“
“Stavo twittando contro i sindacati, troppo ridere!“, risponde ilare il cofondatore di Fratelli d’italia.
È una Giorgia Meloni sconsolata quella che sale sulla vettura in attesa di riportarla a Roma: “Che fatica, Ambrò’“, dice rivolgendosi all’autista, “a casa me pareva tanto semplice forma’ un governo. È come per la Ghigliottina, da casa è tutto facile. Le ho sempre indovinate tutte, pure quella che non riusciva a risolvere nessuno. Le parole erano Citti, Joyce, PD, Halloween, Crisantemi. E sai qual era la soluzione?”
“No, onorevole“.
“Li Mortacci, Ambrò, era li Mortacci!“
Un attimo prima che l’auto si metta in moto, Salvini bussa trafelato al finestrino posteriore: “Che c’è Mattè?”
“Che ne dici di darmi il ministero all’Incompetenza?“
“Vediamo, Mattè, che magari Silvio nostro lo vuole da’ alla Ronzulli“.
Uscendo dal vialetto, la presidente del consiglio in pectore fa giusto in tempo a vedere qualcuno mentre viene allontanato in malo modo dal servizio d’ordine. È Maurizio Lupi di Noi Moderati.
“Cazzo, nun ce ricordamo mai de invitallo!” – realizza Giorgia – “Da casa pareva tanto tanto facile…“
Augusto Rasori