Roma (o quel che ne resta), anno 64 – Non accennano a placarsi le fiamme che dalla sera del 18 luglio stanno flagellando diversi quartieri della città dopo essersi propagate dalla zona del Circo Massimo, in seguito a una manifestazione di quei noti sediziosi della CGIL (Confederatio Generalis Italica Laboris).
L’imperatore Nerone, mentre eseguiva una canzone di Edoardo Bennato alla cetra, ha già annunciato che farà risorgere Roma più bella e più superba che pria e che i colpevoli non la passeranno liscia. Ma, dopo aver cercato di far ricadere la colpa sui cristiani presenti nell’Urbe, ha cambiato idea quando il suo ministro delle finanze Seneca gli ha sottoposto la sua versione e i bilanci dei proventi della vendita di gadget a pellegrini e fedeli in visita nella capitale e ha così rivolto i propri strali verso il sindaco Ignazio Marino, appoggiato in questa campagna dai cristiani stessi. Entrambi sostengono che i partecipanti al corteo, a partire dalla matrona che li guida, abbiano gettato i mozziconi delle loro sigarette nel prato provocando l’immediata combustione dell’erba secca e accusano, pertanto, Marino di aver trascurato la manutenzione delle aree verdi.
Imperatore e cristiani sono anche concordi nel sostenere che il sindaco non abbia dato la priorità a prendere in affitto le strutture di loro proprietà, su cui non hanno mai speso un sesterzio di tasse, per ospitare i migranti e i profughi provenienti dalla Numidia o da Cartagine e nell’imputargli eccessive simpatie verso i membri della CGIL, a scapito di altre meritorie associazioni da sempre impegnate nel migliorare la vita dei cives romani, come Vis Nova e Domus Pound.
Marino, intervistato mentre si dirigeva in Campidoglio sulla sua biga a pedali ha assicurato che non lo cacceranno nemmeno a colpi di catapulta e che quelle associazioni per lui farebbero solo bene a tornare nella Cloaca Maxima da cui provengono.
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