Virgole messe a caso, frasi senza punto, punti esclamativi seminati come polline a primavera: per tutti gli indecisi della punteggiatura nasce il shop online a loro dedicato. “Non ne potevo più di leggere certe oscenità su Facebook” spiega Feré Bernardotti. Il titolare di Punto e a Capo ha lanciato la sua startup a Virgoletta, paese dell’entroterra pisano fino a ieri misconosciuto (e forse anche fino a domani).
“Mi sono accorto – racconta Feré – che sui social network la punteggiatura è in via d’estinzione. Certo, anche la grammatica, la logica e il buon senso, ma per quelle non saprei come rimediare”. È lapidario il giudizio dell’imprenditore pisano mentre ci accompagna nel magazzino della sua attività, dove raccoglie il materiale ricevuto dai suoi fornitori che poi invia ai suoi clienti con un drone. Gli scaffali, ricchi di cassettini, sono una miniera di punti, trattini, virgole arcuate come minuscoli boomerang. Con una merce tanto piccola e delicata, l’imprevisto è sempre in agguato: “I primi clienti stanno si stanno facendo avanti, ma devo stare attento: qualche giorno fa ho venduto un’unghia tagliata scambiandola per una virgola”.
Oltre alla materia prima, Feré distribuisce anche presentazioni in Power Point con le istruzioni per l’uso: “Della punteggiatura infatti non te fai niente se non sai come distribuirla” spiega.
Ma perché, oggi, qualcuno, dovrebbe, essere, interessato. Alla punteggiatura?
“In un mondo dove la comunicazione è istantanea e basata sull’immagine, la mia potrebbe sembrare un’impresa velleitaria – ammette Feré – ma sono convinto che i segni d’interpunzione posseggano ancora un loro oscuro fascino, se non altro per la forma. Per questo, una volta venduto il materiale, regalo in omaggio un prontuario che permette al cliente di posizionare la merce con cognizione di causa”.
I prezzi variano molto. Le virgole, semplici ed efficaci, hanno il prezzo più basso (3 centesimi ad archetto) mentre il punto e virgola (;) a causa della sua ambiguità ha il prezzo più elevato: 25 centesimi a pezzo. È anche l’articolo meno venduto, spiega il commerciante, perché la gente, in nove casi su dieci, non ha la più pallida di come montare le due parti; e così, spesso e volentieri, finisce per limitarsi a inchiodare un punto o ad appendere una virgola.
Piacciono ancora le virgolette (“”) per i modi di dire che vanno alla grande; i due punti (:) rappresentano una rassicurante apertura verso il nuovo; i trattini – pare – generalmente vengono impiegati come poggia bicchieri, ma spero che col tempo i clienti ne capiscano l’effettiva funzione; i tre punti (…) sono richiesti in serie per la loro allusività; sommamente richiesti – infine – i punti esclamativi (!).
“Forse perché la gente – ipotizza Feré – combatte la dilagante depressione dei tempi con una carica d’entusiasmo sregolato o con un’incazzatura gridata al megafono… però io guadagnooo!!!!!”.
Per qualche strana ragione i punti esclamativi vengono spesso richiesti assieme ai numeri uno (1) che, tuttavia, Feré non vende nel proprio shop online: “Ci occupiamo esclusivamente di punteggiatura”.
“Mi auguro che questo commercio prenda piede – conclude l’imprenditore – in fine dei conti, la gente potrebbe riscoprire che la punteggiatura è ritmo e il ritmo armonia. Potrebbero persino rendersi conto che un testo ritmato aiuta anche a mettere in ordine le idee, e quindi a promuovere un processo che si trova a un passo dalla scomparsa come i panda, le cabine telefoniche e la democrazia: il pensiero”.
Filippo Bernardeschi