MILANO – Muri bianchi, vagoni della metropolitana pulitissimi, noiose panchine semplicemente sgangherate e colorate unicamente dalle tracce di merda dei barboni. Ecco l’incubo urbano in cui si sta lentamente trasformando Milano da quando è sotto scacco di Tranqksy, ormai universalmente conosciuto come “il writer con il blocco dello scrittore”. “Gli stiamo dando la caccia, nessuno può permettersi di prendere così di mira le pareti della nostra amata città” ha dichiarato Gervasio Vigilediquartiere, cittadino modello, capo di un gruppo di bounty killer amatoriali che pattugliano nottetempo le strade della città a caccia di writer, armati di cotolette alla milanese semiautomatiche.
Tranqksy ha, appunto, il blocco dello scrittore, e la sua firma è ormai diventata la non firma: pareti senza alcun disegno. “Tutto è cominciato un giorno qualsiasi, zio. Stavamo prendendo un caffè e mentre Tranqksy si aggiungeva il latte con la bomboletta, mi ha guardato e ha detto: ‘non riesco più a fare graffiti’ e ha gettato via il suo sacro quaderno degli schizzi. Allora gliene ho dipinto un altro sul bancone del bar, ma quando abbiamo tentato di portarlo via ci hanno strangolato con i nostri stessi stencil. Che cosa stavo dicendo?” spiega Sudoku, writer che disegna solo numeri su prostitute di nome Erminia.
Ma secondo alcuni, la storia del blocco sarebbe solo un trucco per non farsi arrestare. “Tranqksy ha intuito prima di molti di noi che quando non si imbrattano i muri succede quEsto fatto strano che gli sbirri non ti ammanEttano. Figa, lui è sempre stato più avanti di noi” spiega, con vocali più divaricate delle cosce di Lisa Ann, Gianluca Gianluca Grignani, writer zoppo di Milano Bovisa. “Per me resta il più grande. Ha capito che gli sbirri ci avevano messo addosso i cani che fiutano le vernici spray e lui ha deciso di usare bombolette vuote. Una volta uno della mia crew è stato sbranato da una di queste bestie: non è rimasto niente di lui, solo lo skate vomitato dal cane. Tranqksy è un grande, zio” ha dichiarato il writer Skoronoobo, scrivendo la sua dichiarazione su tutta la carrozzeria della mia macchina.
Non è la prima volta che Milano è preda di attacchi di questo genere. Graffitari terroristi, qualche anno fa, giravano infatti per le vie cittadine facendo murales con vernici simpatiche, che inizialmente deturpavano tutto, come si confà all’arte del Wild Style, ma poi svanivano dopo pochi minuti, provocando in tutto il quartiere una delusione superata in intensità solo da qualunque altra emozione. Ancora prima, negli anni Ottanta, imperversava sui vagoni ferroviari Lumberjack, il graffitaro che disegnava cose che potevi vedere solo avvicinando una fonte di calore come una candela (e che fu all’origine di quello che sarebbe passato alla storia come il “racket degli stoppini”).
La cittadinanza ormai è sull’orlo della psicosi. “Se i muri sono tutti puliti, non ci possiamo lamentare, non possiamo scendere in piazza a protestare, non possiamo dare la colpa ai manifestanti anti-Expo di vandalizzare la città. Non possiamo nemmeno esibirci nella nostra opera di pulizia civica, e far così ammirare la laboriosità meneghina nei programmi di Del Debbio. Cosa resterà di noi? Dove andremo a finire?” ha ammesso infatti in lacrime l’uomo della strada, prima di lanciare un gavettone di vernice contro uno sportello ATM. “Ecco, vedete che indecenza? Che vandali? Ora mi tocca ripulire tutto. La prego, si sposti, devo difendere la mia città”.
Stefano Pisani