Patrick Zaki è incagliato ormai da più di un anno nello scomodo e melmoso sistema giudiziario egiziano. E quando sembra che stia lì lì per tirarsene fuori ecco che il fondale lo trattiene nuovamente per altri 45 giorni. A nulla sono serviti gli appelli dell’Europa, anche perché, a dire il vero, questi sono risultati un po’ tiepidini, ma del resto l’Europa nell’ultimo periodo è stata impegnata a sbagliare tutto quello che poteva sbagliare nella strategia vaccinale dei propri cittadini.
Da mesi confidiamo che le autorità egiziane, notoriamente sensibili alla questione dei diritti umani e profondamente rispettosi della libertà di espressione, soprattutto degli studenti – e in particolare di quelli che studiano in Italia – possano risolvere al più presto la vicenda di Patrick Zaki, ma evidentemente gli egiziani – carucci – vogliono proteggere il ragazzo dalla pandemia, tenendolo al sicuro tra le confortevoli mura dei loro edifici di massima sicurezza.
Zaki però si sarebbe anche un po’ rotto il cazzo delle confortevoli mura e siamo sicuri che vorrebbe rischiare di prendersi il Covid come tutti e magari tornare a Bologna (con l’autocertificazione, si intende) a NON frequentare l’Università. Quindi, dopo aver preso atto che se sei una portacontainer che paralizza il commercio planetario hai qualche possibilità che il mondo si mobiliti per liberarti, Patrick Zaki ha deciso di cambiare il proprio nome in Ever Given (Ever Green per gli amici) con la speranza che qualcuno possa pensare una cosa tipo “Ehi il cargo è ancora incagliato in Egitto, facciamo una corsa contro il tempo per liberarlo!” E chissà che non sia sufficiente paventare il rischio che il canale di Suez sia nuovamente bloccato e che la Cina decida di cambiare definitivamente rotta commerciale per esportare le cose che di solito esporta la Cina (componenti tecnologici, materiali tessili, virus letali, ecc.) per mettere un po’ di pepe al culo agli egiziani e alla comunità europea.
Rendiamoci conto che dopo 3 giorni di blocco del canale di Suez il mondo è andato nel panico per gli ovini che rischiavano di restare senza acqua (gli ovini! qualcuno pensi agli ovini!) e poi ricordiamoci che sono esattamente 418 giorni che Patrick Zaki (non ce ne voglia se preferiamo continuare a chiamarlo così) è bloccato in Egitto in condizioni che possiamo solo immaginare. Ci auguriamo che possa riprendere presto a navigare serenamente e che finalmente in Egitto venga ripristinata la libera circolazione delle idee.
Eddie Settembrini