Roma – Tutto si può dire del PD – tipo che ha contribuito alla deriva neo-liberista del Paese, che si è allontanato dalle classi popolari, che ha privatizzato imprese pubbliche e beni comuni; emarginato i sindacati; sostenuto leggi elettorali incostituzionali e un Parlamento di nominati dalle segreterie di partito; fornito armi alla Guardia libica contro i migranti; appoggiato l’aumento al 2% delle spese militari mentre si toglievano risorse a scuola e sanità – ma non che sia un partito che non impara dai propri errori.
È quanto dimostra anche la riunione avvenuta al Nazareno pochi giorni dopo il risultato deludente (l’eufemismo è offerto da uno dei nostri sponsor, NdR) del voto del 25 settembre.
“Sapete cosa diceva Proust?”, esordisce il segretario Enrico Letta, artefice principale della non esaltante tornata elettorale (la litote è offerta da un altro dei nostri sponsor, NdR), “I paradossi di oggi sono i pregiudizi di domani”.
“Cazzo c’entra, adesso, Enrì?” gli fa eco Debora Serracchiani.
“Niente, ma mi manca tanto Parigi”.
Il primo punto all’ordine del giorno della riunione è la stesura delle conclusioni relative all’analisi del voto del 4 marzo 2018.
“Non dovremmo parlare, invece, di quello che è successo cinque giorni fa?” chiede una scalpitante Elly Schlein.
“Calma, le cose vanno fatte con cura, altrimenti si prendono decisioni impulsive” la rintuzza Paola De Micheli, “Dunque, le elezioni del 2018 hanno stabilito che i Cinque Stelle sono il primo partito con il 33% e che Renzi ha fallito, per cui se serve qualcuno che prenda il suo posto alla segreteria io son qua, sorbole!”
Dopo tre settimane a sviscerare le elezioni politiche di 4 anni e mezzo fa guardandosi bene dal presentare la minima autocritica, è Dario Franceschini, colto da un drammatico lampo di consapevolezza, a riportare tutti all’amara realtà di questi giorni: “Non sarò più ministro della Cultura, cazzo! 4 volte in 5 governi di tutti i colori e gli italiani adesso mi hanno rinnegato! Io ho dato loro il cinema a 3 euro e loro mi hanno voltato le spalle! Altro che salvaguardarla, la dovevo radere al suolo quella Pompei di merda!”
“Bau!”
“Chi ha parlato?!”
“Il cane della Cirinnà, lei non è venuta perché è ancora offesa per il collegio brutto”.
Dopo altre sei ore passate ad analizzare la presenza o meno di baffi sul viso di Marcucci: “È la puberta”, si è difeso l’ex senatore poco prima di essere sorpreso a scrivere a un misterioso M.R. un messaggio che diceva “Qui mi sa che ho finito, adesso posso tornare a casa?”.
“Sapete cosa diceva Victor Hugo?”
“No, cosa, Enrico?”
“Dalla conchiglia si può capire il mollusco, dalla casa l’inquilino”.
“A proposito”, ribatte Goffredo Bettini, “dopo la riunione spaghetti alle vongole per tutti?”
Seguono altre ore di dibattito sul ristorante migliore in cui andare a cena fino a che Valentina Cuppi…
“Chi cazzo è Valentina Cuppi?” chiede Nicola Zingaretti.
“È il presidente del PD“.
“Abbiamo un presidente?! Quello, invece, chi è?”
“Maurizio Martina”
“Ah, è uno nuovo!”
… dicevamo, fino a che Valentina Cuppi non invita tutti a presentare delle idee per iniziare la riscossa del Partito Democratico dando vita a un vorticoso brainstorming: qualcuno propone un leader donna – “Sorbole, in Italia non ce l’ha nessuno!”, “Ehm, Paola…” -, qualcun altro di fingersi morti come gli opossum, qualcun altro di seguire il consiglio di Voltaire “Lasciateci leggere e danzare, due divertimenti che non potranno mai fare del male al mondo”. È Chiara Gribaudo da Cuneo a proporre la mossa rivoluzionaria che potrebbe segnare la svolta vincente per il partito: “Disturbo se propongo solo più una cosa e facciamo che modificare un cicinin il font del logo?”
Tutti concordano che è la cosa più radicale da fare (oltre che su “Ma come cazzo parlano ‘sti piemontesi?!“) però ora si presenta una nuova questione: quale font utilizzare?
Dopo altre 14 ore di discussione, c’era un irriducibile manipolo di sostenitori del Comics Sans, si concorda di sceglierlo sulla base dell’ordine alfabetico e di passare, quindi, all’Abadi MT Condensed Extra Bold.
A quel punto, un Enrico Letta ormai consapevole che il suo compito sia finito offre l’ultima citazione: “Sapete cosa diceva Eric Cantona? Au revoir”.
Mentre varca la soglia del Nazareno, il segretario uscente del partito che ha appena ritrovato la piena fiducia nelle magnifiche sorti e progressiste, incontra Orfini sull’uscio:
– “Matteo, ma arrivi solo ora?”
– “Macché, sono qui da dieci giorni ma i sensori della porta automatica continuano a non rilevarmi!”. Subito dopo è arrivato il cane della Cirinnà e la porta si è aperta.
Augusto Rasori