NOVI LIGURE (AL) – “Un’emozione fortissima, non me l’aspettavo. Forse la soddisfazione più grande della mia vita dopo quella volta che ricevetti uno stipendio regolare in tutto e per tutto, tanti anni fa; o dopo aver consegnato una pizza da Napoli ad Agrigento ed essere tornato in tempo per l’inizio della partita di Champions in 2 ore 16 minuti e 47 secondi. Certo, in quel caso ho dovuto attaccare la bici al carrello di un Boing che stava partendo da Capodichino, e poi sganciarmi ‘al volo’, ma è andata abbastanza bene: a parte le 26 fratture multiple scomposte, la pizza era ancora tiepida. Il cliente mi ha persino dato una mancia di due euro. Anche quella è stata una giornata decisamente da ricordare”.
È felicissimo Karl El Karfor, ventisettenne eritreo studente universitario con regolare permesso di soggiorno che, nel tempo libero, effettua consegne per Foodora con la sua bici d’ordinanza: una vecchia mountain bike con il cambio bloccato da 8 anni sul pignone ‘fatica inimmaginabile’. El Karfor, senza rendersene conto, è finito per caso nel bel mezzo dell’undicesima tappa del Giro D’Italia, partita da Carpi e diretta a Novi Ligure. Il ragazzo si è aggregato allo stuolo di ciclisti professionisti poco dopo la partenza e ha proseguito a macinare i duecentoventuno chilometri della tappa ad una velocità così elevata da insospettire i giudici sportivi (all’arrivo è stato subito sottoposto al controllo antidoping, risultando però positivo soltanto al test sulla schiavitù) e, dopo aver superato i fuggitivi della prima ora, ha vinto la gara odierna con un vantaggio di 26 minuti e 45 secondi sul secondo classificato, il ceco Dominik Mouka.
“Dovevo consegnare due margherite proprio a Novi Ligure e dovevo consegnarle calde, sennò non mi pagano – ammette El Karfor – Sono abituato a correre come un pazzo nelle strade sotto pioggia, vento, neve, caldo, afa, sciami di api, tormente, cortei di Forza Nuova, e raduni celtici sulle rive del Po. Noi rider siamo pazzi, forse sognatori, di sicuro un po’ disperati, nonché affamati. Ma siamo fiduciosi perché il nuovo governo ha assicurato che penserà a noi ogni giorno, la sera, prima di addormentarsi”.
“È una vergogna, non può vincere uno che non si è iscritto, ha un solo sponsor e non tiene nemmeno un po’ di Bentelan nascosto nel taschino. Rischiamo di perdere i valori di questo sport che nonostante tutto ha comunque più senso della Formula E di automobilismo – spiega Dominik Mouka, secondo classificato dietro il giovane rider – E in ogni caso la mancia non se la meritava: la mozzarella è tutta caduta su un lato del cartone”.
Karl El Karfor comunque, dopo aver consegnato le pizze, ha ammesso di non meritare la vittoria della corsa e dichiarato che la prossima volta cercherà di non fare la stessa strada dei ciclisti professionisti, ma precisa: “Era la prima volta che vedevo delle macchine inseguire dei ciclisti per proteggerli, senza insultarli, o bestemmiare, o ipotizzare lavori antichi per le loro madri. Nessuno di quelli che guidava la macchina ha tentato di investirli, le persone a bordo strada li incitavano; in effetti mi sembrava tutto troppo strano. Per un attimo ho pensato che il mondo si fosse abituato alla presenza di quelli che camminano sulle due ruote pedalando, ma ho capito che funziona così solo nel mese di Maggio. Magari, un giorno, qualcuno inventerà una competizione solo per noi rider, con in palio un vero contratto a tempo indeterminato e l’assicurazione in regola. Ma adesso basta con i sogni: ho una quattro stagioni da consegnare a Sestriere”.
Davide Paolino