Roma (Città del Vaticano) – “Nessuno può toccare i nostri pelosotti!” è con queste parole che Amata Trabalza, Presidentessa di AMAS (Associazione per le Minoranze Animaliste anche Simboliche), esulta uscendo dalla Camera del Parlamento in cui era entrata per sbaglio.
“Ogni giorno migliaia di leoni da tastiera soffrono. Nei forum, sui social network, sui siti d’informazione, ovunque nella rete. Queste, mi piace chiamarle “persone” anche se non lo sono veramente, attaccano, insultano, invidiano i successi altrui e minacciano solo per un motivo fondamentale: hanno dimenticato l’amore. Oppure si sono semplicemente scordati cosa significa uscire di casa. Adesso noi, grazie alla legge appena entrata in vigore, potremo aiutarli a rifarsi una vita. O al massimo, nei casi disperati, a iscriverli al MoVimento.”
La Legge Gasparri-Twitter, che è quella che segna il cambiamento della loro condizione, recita: “Diffamare non è reato se il tuo Q.I. non supera quello del vicepresidente del Senato in carica”.
“E quindi tutti i leoni da tastiera devono essere semplicemente aiutati nel loro habitat naturale”, spiega la Trabalza, “connessi alla rete vedono un mondo distorto, ovattato, distante dalla realtà. Loro vogliono essere chi insultano. Voglio diventare deputati, senatori, attori, disegnatori, autori satirici, Francesco Sole, vogliono essere qualsiasi cosa che non sono ma non riuscendo ad uscire dalla propria abitazione, d’altronde su internet c’è sempre qualcosa di nuovo da vedere e insultare, si crea un blocco psicologico e fisico che non gli permette di evolversi da leoni da tastiera a pecora da strada, oppure a gazzella da corridoio.”
“E quindi ora possiamo andare ad aiutarli nelle loro piccole gabbie, in quelle camerette dove vivono e si indignano, osservare le loro abitudini, educarli pian piano a passare dai “Vaffanculo” agli “Stupidino” e poi magari anche ai “Ma sai che forse nemmeno tu potresti avere tutti i torti?” , che per un leone è una di quelle cose impossibili da dire o anche solo da pensare. Il passo successivo è riabituarli alla vita normale, alla strada, al sole, al vento sulla pelle, alle persone che ti salutano e che ti parlano senza uno schermo a dividerti. È un procedimento lungo, ma sappiamo che possiamo riuscirci. E se va male ce la prenderemo con la Cristoforetti, come fanno molti dei nostri assistiti a prescindere dall’argomento.”
La Trabalza chiude con un messaggio ai leoni che probabilmente insulteranno anche questo articolo: “Fatelo pure se vi fa sentire meglio, ogni frase cattiva che digiterete nei commenti sarà come una sorta di accettazione della vostra condizione. È il primo passo verso il reinserimento nella società. Poi verranno gli altri quattro stadi che sono nell’ordine: rimorso, maledizione, minimizzazione e macellazione. L’ultima, però, solo per i casi più disperati.”
Davide Paolino & Stefano Antonucci