I lavoratori potranno pisciarsi addosso durante l’orario di lavoro. È questa la promessa strappata dai sindacati ad Amazon, il colosso di Seattle che dal lontano 1994 opera nel settore della schiavitù. La quadra è arrivata dopo un’estenuante trattativa che, inizialmente, sembrava dovesse concludersi con un nulla di fatto, dato che le parti si collocavano su posizioni molto distanti: Cgil, Cisl, Uil e Ugl chiedevano uno stipendio più alto, premi di produzione e condizioni di lavoro più dignitose; i manager di Amazon, invece, ritenevano più che sufficiente non aver costretto i dipendenti a costruire le piramidi.
La svolta è arrivata con lo sciopero indetto dai lavoratori del lager di Piacenza, a seguito del quale il management si è mostrato subito più incline a elargire piccole concessioni, tra cui l’idratazione saltuaria. La paura di non riuscire a gestire gli ordini dei clienti in tempi ragionevolmente nazisti ha poi spinto i manager ad aprire anche su altri punti, primo tra tutti il diritto a pisciare durante l’orario di lavoro. Da qui la negoziazione e lo storico accordo che prevede per ogni lavoratore la possibilità di pisciarsi sotto mentre esegue le proprie mansioni. Cgil, Cisl, Uil e Ugl non nascondono la soddisfazione e parlano di “un giusto compromesso che permetterà ai dipendenti di espletare i bisogni che prima dovevano espletare al di fuori dell’orario lavorativo e all’azienda di continuare a umiliarli”.
I vincoli sulla produttività, però, non cambiano: ogni dipendente sarà loggato a un computer, dovrà preparare un pacco al massimo in 30 secondi e percorrere quotidianamente fino a 20 km. Però, almeno, ora potrà pisciarsi addosso.
Alfonso Biondi (con un piccolo ringraziamento ad Andrea Sesta)