Iopo (RC) – Quando zia Mafalda ha visto quelle immagini sul nostro PC è scattata in piedi e ha iniziato a gridare: “Ecco dove era andato a finire! Rintracciali subito, chiama la polizia!” Raccontano i nipoti della casalinga calabrese di 61 anni Mafalda Nicca.
“Nessuno di noi aveva capito a cosa si riferisse la zia, perché a nessuno di noi era caduto l’occhio sul piano cottura della cucina del narcotrafficante Ricàrdo Echeverrìa”. Lo spacciatore, conosciuto come Muerte Blanca per la sua caratteristica di eliminare nemici simulando incidenti sul lavoro, è protagonista di una docufiction Netflix che i nipoti stavano guardando. L’urlo di zia Mafalda è partito durante un’incursione dei corpi speciali nella casa di Echeverrìa, in una remota isola della Nuova Zelanda.
“Subito abbiamo pensato che la zia, avendo vissuto 30 anni a Catanzaro, avesse avuto rapporti con Echeverrìa, è naturale, ma mai avremmo pensato che avesse riconosciuto il suo tupperware, che cercava da 7 anni, appoggiato proprio nella cucina dell’inaccessibile villa del narcotrafficante più ricercato al mondo”.
E lo ha riconosciuto grazie all’etichetta da lei prodotta e saldata a freddo con lo scotch, di cui sono ancora chiaramente leggibili le coordinate del prodotto – 2017, Mafalda, n’duja caponata – e che conteneva appunto la rarissima caponata di ‘nduja, il piatto più complesso che la cucina italiana potesse concepire: 45 ingredienti, 4 tipi di cotture, 26gg di preparazione, 28 per la digestione (nella versione senza peperoni e cipolla).
La signora Mafalda aveva caricato il contenitore nella valigia del nipote che all’epoca studiava a Milano e che, nonostante le rivendicazioni continue della zia, ha continuato a dimenticarlo fino alla laurea, con conseguente abbandono del tupperware nell’appartamento, che 2 ore dopo la cerimonia era già stato affittato.
L’appartamento era andato a 2 ragazze tedesche, che dopo 3 anni si erano trasferite a Valencia in Spagna portando con sé il contenitore di zia Mafalda. Le 2 ragazze a Valencia avevano coabitato con un certo Carlos, un ragazzo colombiano di 30 anni, che una volta perso il lavoro aveva lasciato la Spagna per far ritorno a casa, portando con sé il tupperware dell’ignara Mafalda.
Carlos, disperato e senza lavoro, aveva accettato un incarico dagli Echeverrìa: eliminare un traditore del cartello e riportargli la mano della spia. Il ragazzo aveva portato a termine l’incarico ma, non avendo niente a disposizione per il macabro trasporto, aveva utilizzato proprio il tupperware in questione. Per questo il contenitore si trovava nella villa di Echeverrìa durante il suo arresto.
Purtroppo, essendo la prova chiave di un processo per omicidio nei confronti di Carlos, zia Mafalda, da 3 mesi ancora non è riuscita a tornare in possesso del suo contenitore, nonostante l’interessamento dell’ambasciata italiana e della Farnesina.
Vittorio Lattanzi