BRUXELLES – La Commissione Europea sta lavorando su una direttiva che obblighi gli Stati membri ad introdurre un’imposta pigouviana sull’abuso delle vocali. Una ricerca scientifica – condotta dall’Università dei Frati Silenti – ha infatti dimostrato che negli Stati in cui si fa maggiore uso di vocali (come in Italia e in Spagna) le emissioni di CO2 sono esponenzialmente più elevate. Il commissario svedese alla Finanza Creativa, Ills Strodingrt, spiega che la tassa sulle vocali è una necessità improrogabile: “Pronunciare la lettera ‘a’ per un minuto di fila, oltre a lasciare letteralmente senza fiato, produce la stessa quantità di CO2 di un’automobile di media cilindrata o di un gatto bruciato vivo”.
La brillante idea della tassa è nata mentre Strodingrt guardava una replica de “La ruota della fortuna” e un concorrente chiedeva di “comprare una vocale”. “In questo modo – spiega ancora Strodingrt, intervistato da una rivista di musica neomelodica – chi inquina di più paga e, allo stesso tempo, è incentivato ad inquinare meno”.
Il governo italiano è già all’opera per registrare, regione per regione, il tasso di CO2 da emissione vocalica: a sorpresa, in testa c’è la Lombardia, per le vocali troppo “aperte”, nonostante il recente obbligo di parlare a vocali alterne. Migliore, invece, la situazione degli abruzzesi e dei pugliesi, che troncano quasi tutte le vocali alla fine delle parole. Ma i più bravi della classe sono i sardi, grazie all’elevato uso di “u” (notoriamente vocali a bassissime emissioni di anidride carbonica).
Il Democritico